ragione e spiritualità nel "Proslogion"
di S. Anselmo d'Aosta
Agli inizi del primo millennio un monaco italiano è priore dell'abbazia di Bec, in Normandia. Ha ormai lasciato da tempo l'Italia, dove è nato, e si è trasferito lassù. Egli è in un monastero prestigioso, tra i più importanti dell'epoca, e dirige, con la sua sterminata cultura e la sua ardente fede, la scuola dell'abbazia. E lì, meditando e pregando, riflettendo e ascoltando, un pensiero egli ha quasi fisso, come una positiva ossessione, oserei dire. Trovare un unico, inequivocabile e definitivo argomento che possa dimostrare l'esistenza di quel Dio che tanto crede ed ama. Egli capisce che se non crede non potrà comprendere e nemmeno iniziare questo arduo cammino, in cui ragione e fede, filosofia e Rivelazione, spiritualità e psicologia, insomma l' essere umano per intero è compreso e coinvolto. Ma capisce altresì che non può dividere il suo essere in due parti, una che crede (il cuore) e una che invece si lascia trascinare in mille vorticosi dubbi (la ragione). "Non è possibile che il mio Signore, mio formatore e mio riformatore, possa permettere che io vaghi brancolando nel buio, quando egli ha messo dentro di me la sete ed il desiderio di conoscerlo, di vederlo così come egli è", ragiona e prega tra sé.
In mezzo ai Franchi, popolo razionalista per natura ed indole, in un dibattito che sta diventando ormai sempre più grande, in una Chiesa sconvolta dalla lotta finale per le investiture tra Enrico IV ed il papa Gregorio VII, egli tenta, in un primo momento di dare una risposta, e scrive il "Monologion". Già quest'opera ha come scopo l'inaudita pretesa di dimostrare le verità cristiane con la sola ragione. Ma a questo S. Anselmo arriva usando più argomenti, direi ancora per vie esterne, che partono dalla pluralità delle facoltà della ragione per arrivare a dimostrare delle verità di fede. Questo però non gli basta. Se Dio è uno, sembra dire fra sé Anselmo, una ed inconfutabile deve essere la dimostrazione della sua esistenza, unico l'argomento che la sostiene.
Il monaco Eadmero, primo biografo e discepolo di S. Anselmo, racconta quanto il maestro è tormentato da questo pensiero. Alla fine però, nel "conflitto dei pensieri" e durante una misteriosa veglia notturna, l' argomento gli si presenta improvvisamente, come un'illuminazione, ed egli, misteriosamente, lo scrive:
"Dunque, Signore, tu che dai l'intelligenza alla fede, concedimi di comprendere, per quanto sai che mi possa giovare, che tu esisti come crediamo e che tu sei quello che crediamo. E davvero noi crediamo che tu sia qualcosa di cui non si possa pensare nulla di più grande (aliquid quo nihil maius cogitari possit)
Ecco quindi il famoso argomento ontologico: Anselmo pensa così di aver trovato una via interna per provare l'esistenza di Dio, che arrivi direttamente alla sua conoscenza. E questo attraverso una riflessione che non è solo filosofica, razionale, ma che è soprattutto preghiera, confronto con la Parola di Dio, e una geniale ricerca dei termini, delle parole, delle definizioni, secondo lo studio del trivium (dialettica, retorica e grammatica). Il punto di partenza di ricerca del santo è la spiritualità monastica benedettina. Questa formula che integra lavoro, preghiera e studio, è la base da cui muove Anselmo. Ma l'attento studio del linguaggio, a cui è portato dai suoi maestri (Aristotele, S. Agostino, Boezio, e Lanfranco da Pavia) fa di questa ricerca una svolta nel pensiero occidentale, tant'è che il Proslogion, l'opera in cui egli fa questa affermazione, è ancora ampiamente discussa tra i filosofi contemporanei. Infatti la ricerca di Anselmo si riallaccia sorprendentemente alla nostra filosofia del linguaggio, a Martin Heidegger, a Popper, a Wittgenstein. Questi filosofi riprendono il dibattito sulle possibilità del linguaggio, da cui era partito S. Anselmo, quando egli cerca una "definizione di Dio". Definizione che molti secoli dopo un altro grande filosofo della fenomenologia , Kant, chiamò appunto "argomento ontologico". La differenza tra tutti questi pensatori sta nel fatto che essi cercano di comprendere con la ragione l'esistenza di Dio per poter credere, mentre S. Anselmo afferma esattamente il contrario:
"Non cerco di comprendere per credere, ma credo per comprendere. Giacché credo anche questo: che se non crederò non comprenderò".
La ragione quindi, nella
ricerca di Dio, non può sostituire la fede, secondo Anselmo. Tutto il Proslogion
è quindi strutturato come una preghiera circolare, che a partire dal
primo capitolo,
con una preghiera introduttiva, si
snoda fina al capitolo 15, che è il cento dell’opera, il perno su cui gira
tutto il ragionamento:
“Dunque, Signore, non solo sei ciò di cui non si può pensare il
maggiore, ma sei anche qualcosa di maggiore di quanto si possa pensare”.
Se
la prima intuizione era sostanzialmente un ragionamento negativo (ciò
di cui non si può pensare il maggiore),
la seconda completa la prima in senso positivo. Afferma cioè che la realtà di
Dio è ad di là di ogni ragionamento: per conoscere veramente Dio bisogna
amarlo, credere in Lui, e si avrà allora una conoscenza che è superiore a
quella razionale, una “superconoscenza”.
E’ chiara anche qui l’influenza psicologica e spirituale dello Pseudo
Dionigi. Dio infatti abita una luce inaccessibile, che per l’occhio
della mente è accecante, tale da diventare quasi tenebra, a causa della tenebra
in cui è immersa la ragione.
“Veramente, Signore, questa è la luce inaccessibile in cui abiti.
Veramente, infatti, non vi è realtà che possa penetrare questa luce, per
vederti pienamente in essa”.
Quindi,
dal punto di vista psicologico, una via di conoscenza di Dio si può avere
secondo S. Anselmo solo se si crede alla sua autorivelazione, cominciata
nella Creazione, proseguita nella Rivelazione biblica, e che ha il suo culmine
nel Cristo, il vero Rivelatore di
Dio. Ogni sforzo umano per conoscere Dio come si conosce una realtà materiale
risulta vano. Ma anche la conoscenza razionale, di cui egli è promotore nella
seconda parte del Medioevo, è sempre un avvicinamento alla verità, senza però
il pieno possesso di essa. Solo con un vero rapporto interpersonale, fatto di
preghiera, di adorazione, di amore, di umiltà ed
abbandono di se stessi, si
può superare l’impenetrabile barriera che ostacola la comunione con Dio. In
effetti è straordinario come dalla preghiera, che pervade tutto questo libro,
il santo monaco sia capace di lasciare in eredità una via di conoscenza vera.
Questa conoscenza non è staccata dalla ragione, non si chiude in un avventato
spiritualismo, come purtroppo oggi è
di
moda, ma non presume neanche di conoscere la verità a partire da se stessi. Da
S. Anselmo viene chiesta a Dio con insistenza ed umiltà:
“Ti prego, Dio, fa che io ti conosca e ti ami, per gioire di te. E se in questa vita non lo posso pienamente, che almeno io progredisca ogni giorno, per giungere poi alla pienezza. Qui progredisca in me la tua conoscenza, e là diventi piena, qui cresca il tuo amore, e là sia pieno: affinché la mia gioia qui sia grande nella speranza e là sia piena nella realtà”.
La conoscenza di Dio è perciò molto simile a quella che intercorre tra le persone. Infatti come possiamo conoscere una persona se non credendo a ciò che lei ci rivela di se stessa? Alla sua autorivelazione seguono i fatti, i segni con cui noi, fra persone, dimostriamo se amiamo l'altro o se il nostro è solo un interesse superficiale. La stessa cosa accade con la conoscenza di Dio, che ha rivelato il suo amore facendosi conoscere come Padre nel Figlio Gesù e nell'opera dello Spirito Santo. Solo credendo a Dio come persona si può avere un atteggiamento di preghiera e di adorazione; quello che pervade tutto il Proslogion, che pur è un opera filosofica.
Il
merito di S. Anselmo è di aver aperto la riflessione scolastica sull'esistenza
di Dio a partire non da un freddo calcolo filosofico, ma dal suo rapporto
interpersonale con Dio. Ragione e spiritualità sono quindi due aspetti
complementari dello stesso rapporto di comunione, proprio come nel rapporto di
due persone che si amano: il sentimento non acceca la ragione e la ragione non
distrugge il sentimento. Questo raro equilibrio fa del Proslogion di S.
Anselmo un capolavoro di filosofia e di spiritualità.
Bibliografia
ANSELMO, Proslogion, a cura di Italo Sciuto, testo latino a fronte, Rusconi Libri 1996, con bibliografia di riferimento
FUMAGALLI BEONIO BROCCHIERI F. - PARODI M., Storia della filosofia medievale, Bari Laterza 1996, pp.143-164
PEGIS A. C., St Anselm and the argument of the Proslogion, in Medieval Studies, 28 (1966)
CLAYTON J.P., The Otherness of Anselm, in Neue Zeitschrift Fur Systeatische Theologie und Religionsphilosophie, 37 (1995).
e molti altri ancora.....
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