A proposito della cristianizzazione degli Anglo-Sassoni di Gregorio Magno

 

Ricevo e ospito volentieri un articolo del Dr.  Fabrizio Conti, giovane storico e allievo del professor Gatto. Questo articolo è tratto dalla sua tesi di laurea, discussa con il massimo dei voti nel 2001

   

  S. Gregorio Magno

 

 

A guardarla dall’alto di una cartina geografica, l’ isoletta di Thanet, cosi’ modesta per estensione, quasi attaccata alle coste del Kent, a due passi da Canterbury, non sembrerebbe nemmeno aver assistito all’ inizio di un grande evento quale quello di cui ci accingiamo a parlare. Erano infatti i primi del 596 d.C., allorche’ vi misero piede, per la prima volta, e dopo aver attraversato a piedi buona parte d’Europa, alcuni monaci missionari capitanati da Agostino di Canterbury (che sara’ appunto il primo vescovo di quella citta’). Con quello storico sbarco si fa principiare l’avvento sull’isola britannica della fede cristiana, piu’ esattamente tra le popolazioni germaniche anglo-sassoni dato che, l’isola in se stessa, gia’ da secoli, aveva conosciuto il messaggio evangelico. Esso vi era infatti penetrato gia’ nel II secolo d.C., solo che a farne la conoscenza erano state le civili popolazioni celto-romane, e non i rudi germani di la’ da venire. Le invasioni di questi, tra V e VI secolo, spazzarono via assieme alle popolazioni gallo-romane preesistenti, ogni retaggio di cristianesimo, riaprendo la strada ai culti ancestrali di un pantheon ormai pressoche’ dimenticato in Europa.

La conversione, o meglio, l’idea stessa di convertire i barbari Germani abitanti della Britannia, non sarebbe forse mai stata concepita, almeno non in quei secoli, non fosse stato per il pensiero che ad essi rivolse un grandissimo personaggio della Chiesa romana del VI secolo, papa Gregorio Magno, pontefice dal 590 al 604. Una molto nota tradizione, raccontata per prima dalla cosi detta Vita anonima di Whitby, descrive lo stupore del papa nel sapere che esistevano gli angli, esseri tanto belli quanto pagani: il mercato schiavistico di Roma ne offriva esemplari giovanissimi che lasciarono Gregorio perplesso. Ad ogni costo si doveva rendere tali creature partecipi del messaggio della Redenzione, ancor piu’ perche’ i tempi erano maturi e la fine del mondo ormai prossima, e non ammettevano ritardi di alcun genere. La sua intima convinzione dell’imminenza della fine dei tempi rappresenta, in maniera evidente, il sostrato ideale fondante della sua stessa volonta’ di conversione di quanti fossero ancora nell’errore, fossero essi gli Anglo-Sassoni ancora del tutto pagani, oppure gli stessi Longobardi, cristiani si, ma ariani. In tal modo, il progetto della conversione di un popolo intero prese avvio da una idea propria di Gregorio, e fu lui il vero, unico iniziatore di quel processo di cristianizzazione. Una lettera ad Ethelbert, potente re del Kent e sovrano di tutti gli Angli a sud del fiume Humber, esorta il re a saper riconoscere per tempo i segni della fine dei tempi nel suo regno, a non aver paura quando questi si manifesteranno, e anzi ad affrettarsi affiche’ tutta la sua gente sia convertita. La maggior parte di cio’ che sappiamo sul processo di evangelizzazione degli Anglo-Sassoni, lo dobbiamo ai capitoli dal XXIII al XXXIII della  Historia Ecclesiastica gentis Anglorum di Beda, finita nel 731 quando il suo autore aveva 58 anni, e alle epistole scritte dallo stesso Gregorio, come presentazione dei monaci ai vescovi e ai sovrani che essi avrebbero incontrato lungo il cammino che, da Roma, passando per le Gallie, li avrebbe finalmente condotti a Canterbury.

Ma perche’ Gregorio si convinse della necessita’ di convertire gli angli? Egli in verita’ poteva aver avuto ben altri motivi per spedire i missionari in Britannia, che non semplicemente la vista dei poveri schiavi al mercato di Roma di cui abbiamo detto. E’ stato supposto che fosse ansioso di convertire gli Anglo-Sassoni prima che lo facesse la chiesa britanna, la quale aveva legami troppo blandi e ambigui con Roma, ed era percio’ potenzialmente pericolosa, o che volesse cautelarsi  dalla volonta’ missionaria dell’irlandese Colombano, dopo che egli aveva stabilito suoi propri monasteri in Burgundia. Mancano pero’ prove evidenti a suffragio di queste due ipotesi. In definitiva bisognerebbe porre piu’ che altro attenzione alla finalita’ morale del suo progetto, ed e’ corretto supporre che Gregorio volesse la riforma delle chiese franche in Gallia, oberate dal peso della simonia e della mondanita’, cio’ che si sarebbe potuto realizzare creando forti legami tra chiesa anglo-sassone e chiesa franca. Quale conoscenza aveva Gregorio dei luoghi e delle popolazioni che voleva convertire? Inutile dire che l’isola, pur essendo appartenuta all’ecumene romana, era stata sempre considerata una terra ai confini del mondo. La stessa descrizione che le fonti ci fanno degli Angli, sottolinea la meraviglia di Gregorio di fronte a quei fanciulli dalle caratteristiche somatiche cosi’ inconsuete – biondi, con occhi azzurri e pelle chiarissima, contro la media brunita’ dei meridionali -  tanto da sembrare al papa angeli piuttosto che uomini. Si potrebbe tracciare, forse, un certo parallelismo tra la meraviglia di Gregorio e quella provata dai conquistatori dell’epoca moderna di fronte ai selvaggi delle Americhe. Questo, ce ne rendiamo conto, in maniera probabilmente un po’ forzata, ci aiuta a comprendere che, in ogni caso, Gregorio aveva tutta l’impressione di trovarsi di fronte a personaggi che avevano un qualcosa di esotico; a sottolineare, se ve ne fosse bisogno, quanto quelle terre lontane, fredde e semidimenticate, fossero rappresentanti di una decisa lontananza geografica e culturale. In questo senso, a nostro avviso, l’opera di Gregorio appare ancor piu’ notevole e, anzi, caratterizzata da tratti inaspettatamente “moderni”: l’organizzazione di un tale lungo viaggio, la trama dei contatti tessuta dal papa nel prepararlo, l’affidamento ponderato del compito a personaggi scelti e di provata abilita’, lo sprezzo stesso della lontananza della meta, che di certo in pieno Alto medioevo doveva avere un significato ben diverso da quello che puo’ avere per noi, oggi. Sono altrettante prove della capacita’ e della progettualita’ del pontefice, oltre che del potere esercitato dal voto di obbedienza di quei primi, coraggiosi monaci.

 

Curriculum

TITOLI DI STUDIO

 

Dopo aver conseguito la Maturita’ Classica nel Luglio del 1995, mi sono iscritto alla Facolta’ di Lettere e Filosofia dell’ Universita’ degli Studi di Roma “La Sapienza”, dove il 26 Marzo 2001 mi sono laureato in Lettere, indirizzo storico, con votazione 110 e lode, discutendo una tesi dal titolo “La cristianizzazione degli Anglo-Sassoni attraverso l’epistolario di Gregorio Magno”, relatore il Prof. Ludovico Gatto.

 

 

 

CONOSCENZE LINGUISTICHE ED ESPERIENZE DI STUDIO INTERNAZIONALI

 

Buona conoscenza della lingua inglese:

·         Lo scorso Ottobre 2000 sono risultato vincitore di una borsa di studio di Facolta’ per tesi all’ estero.

 

  CONOSCENZE INFORMATICHE

 

Buona conoscenza del sistema operativo Windows ‘95-’98, e dei suoi programmi applicativi Word, Excel; ottima conoscenza di Internet.

 

ESPERIENZE DI STAGES

 

·         Vincitore di una borsa di tirocinio nell’ ambito del programma europeo “Leonardo da Vinci”, ho trascorso piu’ di tre mesi in Repubblica Ceca. Dal 1 Maggio al 31 Maggio 2001 ho seguito un corso di preparazione linguistica; dal 1 Giugno al 3 Agosto 2001 ho ottenuto uno stage presso la Taylor Nelson Sofres di Praga, dove ho lavorato svolgendo compiti di collaborazione e assistenza a varie attivita’ di Market e Opinion Research della societa’: Internet research, creazione e gestione di reports informativi, gestione di dati, partecipazione a focus groups, indagini quantitative face to face, nelle aree dipartimentali di “Social and Political Research for Public Opinion Research”, e “Finance, Industry, Telecommunications”.

·         Dal 1 Ottobre al 21 Dicembre 2001, ho svolto uno stage al Consiglio dell’ Unione Europea, a Bruxelles, presso il Segretariato Generale del Consiglio, Direzione Generale per l’ Occupazione e la Politica Sociale. Le mie responsabilita’ e i miei compiti erano, in quanto stagiaire, analoghi a quelli dei funzionari della Direzione: partecipazione a briefings e meetings – dai Gruppi di Lavoro, ai COREPER dei Rappresentanti Permanenti, sino ai Consigli dei Ministri – con la relativa gestione delle informazioni risultanti.

 

 

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