nel
pensiero delle Pseudo- Dionigi
di
Giacomo Campanile
Questa volta introduco un brano da uno studio del
prof. Giacomo Campanile, Dottore in Teologia, specializzato in Ecclesiologia, ed
autore di alcune pubblicazioni di carattere teologico. Qui egli ci offre alcuni
spunti di riflessione sulla conoscenza umana di Dio, tratti dai suoi studi
su un autore del periodo patristico, lo Pseudo Dionigi, vissuto verso il VII
sec. d.C., che influenzò in maniera decisiva il cammino della teologia e
della spiritualità del Medioevo occidentale, dall'epoca carolingia in poi. Dopo
le traduzioni in latino del "Corpus Areopagiticum" di Giovanni Scoto
Eriugena (IX sec.), questo autore, di origine siriaca, entra nel pensiero di
Pietro Lombardo, S. Alberto Magno, S. Tommaso d' Aquino e S. Bonaventura da
Bagnoregio, dei mistici renani fino a Nicola Cusano. Questo anonimo teologo
greco era da essi ritenuto il discepolo di S. Paolo Dionigi l'Areopagita,
convertito dal discorso di S. Paolo ad Atene, nell'Areopago, e quindi la sua
teologia era nel Medioevo latino attribuita ad un autore di epoca apostolica. La
successiva critica filologica lo pose però in un periodo alquanto posteriore,
circa nel VII secolo d.C. Nonostante questo, egli però riveste un'importanza
fondamentale anche oggi, di fronte ad una teologia ed una filosofia che tendono
ad allontanare la realtà di Dio dalla storia umana. La teologia di Pseudo
Dionigi, essenzialmente rivolta verso la contemplazione del mistero di Dio,
potrebbe infatti far pensare ad una possibilità di conoscenza di Dio un po'
disincarnata. Al di là del suo stile, misterioso e maestoso, pieno di teofanie
e di simbolismi, egli ci indica però un Dio che non è solo il
"Tutt'Altro" rispetto a noi, ma che è anche Padre. In questo egli è
quindi un autore sicuramente cristiano, ed annoverato tra i Padri della Chiesa.
LA CONOSCENZA UMANA DI DIO
A.
Il limite e la capacità della conoscenza umana
"Dio
è la Causa di tutti gli esseri, senza che egli sia nessuno di questi per il
fatto che è separato da tutti in modo soprasostaniziale"(DN I 5,93e).
In campo gnoseologico e teologico bisogna sempre salvare la trascendenza
di Dio che è a fondamento della sua realtà. Il Mistero come verità di Dio, dà
all'uomo la possibilità di evitare
un errore molto frequente nella grecità pagana: il panteismo. Dio, pur essendo
dappertutto, non è in nessun luogo egli è al di sopra di tutte le cose, pur
essendo il Creatore. Solo così riusciamo rettamente a parlare ai Dio e a
salvaguardare la sua peculiarità. Questa è una regola metodologica della
teologia dionisiana: è la grandezza e la miseria della conoscenza dell'uomo (DN
I 6-7,596 C).Il limite è categoria
fondamentale per una esatta conoscenza di Dio; infatti Dionigi afferma:
'Noi abbiamo coscienza di sapere che
non riusciamo a coglierne sufficientemente le cose relative a Dio, né ad
esprimere e a dire quello che si può dire della conoscenza divina...."(DN
III 3,684 B; DN XIII 3,981 A).
La spiegazione dei nomi divini è fatta con un procedimento affermativo e
negativo nello stesso tempo. Questa dialettica sarà superata nella teologia
mistica, perché Dio è al di sopra di ogni affermazione e negazione (DN lI4,641
A; V 1048 A-B).
Anche a livello di creazione non vi e perfetta somiglianza tra causa
suprema e cose create, le cose causate recano in sé le immagini ricevute dalla
Causa, rimangono staccate dagli effetti (DN Il 8-9, 64 D). Di Dio tutto si può
dire, però egli non si identifica con nessuna di tutte le cose che sono.
Infatti:
"Ha ogni figura e ogni forma,
Egli che è oltre le forme e la bellezza, ha precedentemente in sé i principi,
i mezzi, i fini delle cose che sono
" (DN V 8,824 B). Ne c' è alcuna delle cose che si conoscono, che
spieghi il mistero che trascende ogni ragionamento ed ogni intelligenza".
Dio, dice Dionigi, abita nella divina caligine e in una luce inaccessibile.
Questa luce o tanto luminosa che per noi diventa oscurità. In effetti la nostra
intelligenza, pur essendo un grande dono di Dio, è limitata rispetto a questa
immensità (EP v 1073 A; MT I 1,997 B-3,1000 C-1001 A ). Come quando noi
fissiamo il sole, la luce ci abbaglia e non vediamo più niente, così è nei
confronti di Dio.
Questo e anche il pensiero del profeta Isaia quando dice che il nostro Dio è un
Dio nascosto e che si nasconde (Is 45,l.7; 42,26; anche altri testi
scritturatici Es 20,21; Dt 4,11; 5,22; 2 Sam 22,10; Sal 97,2 imp; Gb 22,13; Sir
45,5 ) Dionigi si inserisce perfettamente nel filone biblico . L'unica via
adatta per accostarsi al mistero è l'analogia; che salvaguarda nello
stesso tempo la presenza creatrice e sostentatrice nel mondo e la trascendenza
divina (DN v 10,825 B). Solo mediante questa cognizione analogica è possibile
che ci eleviamo verso la causa di tutte le cose (DN V 9,825 A) .
La
frase seguente ci illuminerà sul problema:
"Tutte le cose tendono a Lui" (DN IV 4,657 I)). Dio come fonte
di Bontà (agathos) e bellezza (kallos) cercato da tutte le creature.
Egli e causa esemplare, efficiente e finale di tutte le cose belle e tutte le
cose tendono a Lui, ciascuna secondo il modo che le è proprio. Dio è il Bene
sostanziale; da esso deriva tutto cio' che esiste e tutto tende verso questa
Bontà; solo così le cose raggiungeranno lo stato di perfezione "(DN IV
l,694A-2,696 D).
Tutti tendono a Lui gli angeli, con
la loro conoscenza intuitiva rappresentata dal moto circolare, gli uomini con i
sensi e la ragione attraverso un processo di unificazione e anche gli esseri
infraumani nel loro modo (DN IV 2,696 D).
Anche ciò che è privo di essere tende verso la Bontà (DN IV 3,697 A).
Alla base della conoscenza di Dio c'è
questa tensione o desiderio naturale mai appagato di possederlo. L'uomo, come
natura razionale, ha questa predisposizione gratuita creaturale che Dio ha messo
in lui; qui si delinea una scienza naturale di Dio che sarà poi appagata dalla
totale novità della rivelazione soprannaturale (DN IV 4,700 B imp. ). Questa è
la capacità, la grandezza della nostra conoscenza.
B.
Contesto liturgico
L'autore
concepisce la sua opera come una celebrazione liturgica e non esclusivamente
come un ragionamento; questo aspetto è molto affascinante, è qualcosa che i
teologi occidentali devono urgentemente recuperare.
Il senso sacro e liturgico della teologia (perciò della conoscenza di
Dio) è importantissimo. Questa concezione si riallaccia in particolare al
contesto dei padri cappadoci; in Dionigi si sviluppa in un modo meraviglioso e
diventa un primato. (DN Il 2,636 C) Se si legge attentamente il suo discorso sui
nomi divini, ci si accorge che esso e una celebrazione. L'autore non solo si
preoccupa di far capire, ma egli ci immette alla presenza sacra di questo Dio
trascendente e misterioso. (DN V 2)
. E' tutta la vita del teologo che deve essere trasformata da Dio, non solo
la mente, tutta l'esistenza va vissuta alla presenza di questo mistero
insondabile d'Amore. Lo studio intellettuale non sarà altro che un approfondire
qualcosa che si ama, qualcosa a cui si è già uniti: il Dio Vivente. La
preghiera è un mezzo efficacissimo per una maggior conoscenza di Dio, essa ci
eleva avvicinandoci sempre più alla Trinità.
"Invocando la Trinità fonte di
ogni bene e al di sopra dello stesso Bene...occorre che con la preghiera ci
eleviamo a Lei, siamo istruiti proprio in questo atto...quando noi la invochiamo
con santissime preghiere, con intelligenza limpida e con attitudine all'unione
divina, allora anche noi siamo presenti a Lei." (DN III 1,680 B) Solo con
la preghiera e con l'invocazione l'intelligenza viene innalzata e istruita
sempre più dal Bene a cui si è profondamente uniti. "prima di tutto, ed
in particolare prima di parlare di Dio è necessario cominciare con la
preghiera...affinché con il ricordo e le invocazioni possiamo metterci nelle
sue mani e unirci a Lui.11 (DN III 1,680 D)
. Quando preghiamo siamo nelle mani di Dio, qui sta il fondamento di ogni
vera gnosi; in effetti l'unione con Dio vale molto di più del freddo
raziocinio. Una cosa è parlare del sole e altra cosa è stare al sole e sentire
i raggi che ci accarezzano e il calore che ci avvolge.
I tre stadi della conoscenza di
Dio
"Ora
dunque per quanto a noi è possibile, usiamo simboli appropriati alle cose
divine e da questi tendiamo, secondo le nostre capacità, verso la semplice ed
unitaria verità della contemplazione intelligibile, e dopo, facendo cessare le
attività intellettuali ci slanciamo, per quanto è possibile, verso il
soprasostanziale nel quale tutti i limiti di tutte le cognizioni preesistono in
modo più che ineffabile."(DN I 4,592 C).
In Dionigi le diverse forme di conoscenza di Dio hanno l'intento di far giungere
l'uomo alla perfetta comunione con Dio, L'oggetto di questa conoscenza è Dio.
Questi diversi gradi di gnosi hanno la loro origine nella condizione
storica dell'uomo, sottoposto in ogni situazione a categorie spazio temporali.
La realtà mondana a cui l'uomo e soggetto lo costringe a salire piano piano
questi stadi per arrivare alla piena conoscenza divina.
Nel Corpus dionisiano si possono ritrovare tre stadi di conoscenza di Dio per
l'Homo viator:
I - Conoscenza simbolica, attraverso
le realtà sensi
Il -
Conoscenza intellettuale, astraendo dalle cose sensibili.
III - Conoscenza mistica
dell'attività intellettiva, unione con Dio.
Cercheremo
di approfondire queste diverse conoscenze. Prima di considerare quali sono le
peculiarità di ogni stadio, affermeremo con Dionigi che ogni conoscenza è
possibile grazie al concetto di partecipazione "Tutte le cose divine e
quante si sono rese manifeste si conoscono solo per partecipazione, ma quali
siano nel proprio principio e nella propria sede è cosa che per la nostra
intelligenza e ogni sostanza e scienza." (DN Il 7,645 A) Dio si comunica e
si fa conoscere nelle sue manifestazioni ad extra, ma resta inconoscibile nella
sua natura. egli si fa conoscere mediante la partecipazione alle sue energie. Le
dynamis sono Dio ma fuori dalla sua essenza. E' la distinzione
fondamentale di S.Basilio tra ousia radicalmente trascendente e le
energie manifestatrici immanenti. (DN Il 11,65) Dionigi tale distinzione
costituisce il perno di tutto il suo pensiero teologico.
I
Stadio- La conoscenza simbolica
La
teologia simbolica è un'opera di Dionigi che a noi non è pervenuta. Il
trattato spiega quei simboli attribuiti a Dio dalla S.Scrittura che creano più
difficoltà a chi li ascolta senza fede. (Ep.IX
1,1104 B)
.Infatti queste anime imperfette, come le chiama Dionigi, considerano
un'assurdità che Dio manifesti i suoi misteri divini anche attraverso segni
sensibili. Con questo discorso stiamo entrando nella problematica della
conoscenza simbolica di Dio. Negli scritti areopagitici vi sono sufficienti
riferimenti espliciti o impliciti a questo tema. renderemo in considerazione in
articolare la lettera IX, poiché essa contiene in sintesi tutte le idee del
trattato sulla teologia simbolica. Questa lettera vuole spiegare alcune figure
con cui S. Scrittura rappresenta Dio simbolicamente e come la conoscenza di Dio
si serve dei simboli per arrivare a cogliere qualcosa di Lui. (Ep.IX
1,1104 C). Dionigi vuole chiarire
perché la scrittura attribuisce a Dio figure di uomini (Dn 7,10), di bestie
selvagge (Nm 24,9), di pietre (Ez 10,1); a volte lo chiama vasaio (Ger 18,1-6) o
fonditore (Sal 66,10), o gli attribuisce delle passioni umane come nel Cantico
dei Cantici. L'autore spiega che questi simboli sono delle coperture che
salvaguardano una scienza segreta e inaccessibile ai più, affinché le cose
santissime non siano profanate dai non iniziati. Queste figure rappresentative
rivelano la Verità solo ai sinceri amatori della santità.
Solo questi ultimi sanno che bisogna spogliarsi di ogni immaginazione puerile,
per penetrare con semplicità di mente in questi simboli e arrivare alla vera
conoscenza della Verità che è al di sopra di questi. (Ep. IX 1,1105C ) Tale
conoscenza simbolica è possibile perché corrisponde ad una delle due
tradizioni che i sacri autori ci hanno trasmesso.
Vediamo cosa ci dice Dionigi sulle due tradizioni:
"Una
è segreta e occulta, l'altra è chiara e più conoscibile; l'una si serve di
simboli e riguarda i misteri, l'altra è filosofica e dimostrativa. Ciò che
non si può dire si incrocia con ciò che si può dire; l'una persuade e
conferma la Verità mediante insegnamenti misteriosi e che non si possono
insegnare." (Ep.IX 1,1105 D)
E'
molto importante questo brano; esso ci fa percepire che anche il primo stadio
della conoscenza umana deve essere inserito nella realtà della rivelazione.
Infatti alla fonte dei sacri autori c'è l'intenzione di Dio; perciò il simbolo
come manifestazione del mistero diventa un dono della Bontà divina per gli
uomini. (DN I 4,592)
La conoscenza simbolica si inserisce in quel meraviglioso piano salvifico di
Dio; essa esprime la sua volontà. Dionigi dice per fondare la sua
tesi che Gesù parlava di Dio in parabole e ci dona i misteri divini
sotto figura di cena. (Ep.IX 1,1106) Il motivo profondo per cui Dio ha voluto
usare questa via. per farsi conoscere all'uomo, è la povertà della vita umana
che è immersa nel mondo. L'uomo, per intuire qualcosa delle realtà spirituali,
deve usare la sensibilità.
Una rivelazione che riguardi l'uomo lo deve cogliere nei suoi due piani
esistenziali, quello corporale e quello spirituale
uno divisibile e l'altro indivisibile.
Dice l'Areopagita;
"Così
la parte impassibile dell'anima pare destinata agli spettacoli divini semplici e
interiori delle immagini che rappresentano Dio, mentre la parte
passibile di questa stessa anima, in modo conforme
alla sua natura, viene
educata. e tende verso le cose più divine attraverso le finzioni, ben
combinate in precedenza, dei simboli figurativi; difatti questi
veli le convengono propriamente." (Ep.IX!;1;1108 B)
Anche nei riti dei
santi misteri i sacri autori hanno usato del simboli che convengono a Dio. (Ep.IX
1,1105 A)
. Tutto quello che abbiamo detto fino ad ora deve essere completato da
una idea di origine biblica che è il concetto di Creazione. Dionigi si serve
di questo concetto per dare il vero fondamento a tutto il discorso sul
simbolo.Il mondo, proprio perché creatura. di Dio, esprime in un certo modo il
suo artefice."E la stessa
macchina del mondo sensibile è come un velo gettato sulle proprietà invisibili
di Dio, come diceva S.Paolo è la
Parola vera." (Ep.IX
2,ll08B).
Qui l'Areopagita riprende un tema Paolino che è la rivelazione naturale di Dio
nel cosmo. (Rom 1,20) Proprio l'origine divina della creazione fa si che, per
mezzo dei simboli naturali, l'uomo colga dietro queste figure le qualità
divine. I simboli sono come dei germi, delle immagini sensibili di visioni
soprannaturali.(Ep. IX 2,1108 C) Ora bisogna fare un'altra chiarificazione: può
succedere, dice Dionigi, che la stessa immagine figurativa venga applicata a
diverse realtà spirituali: agli angeli, alle intelligenze e a Dio. Un esempio:
la rappresentazione di Dio come fuoco ha un senso quando viene attribuita Dio ed
un altro quando si applica agli angeli. Perciò, nella conoscenza simbolica, non
bisogna confondere i sacri simboli, ma spiegarli in modo conveniente. Per questa
operazione è richiesta una acutezza, una profondità di spirito e un
discernimento non comuni. C'è un immagine molto bella alla fine della lettera
IX ; è come il sigillo di chiusura, la perla più preziosa, l'interpretazione
più genuinamente cristiana che sta alla base del pensiero teologico dell'Areopagita;
essa cerca da far capire la condizione escatologica dell'uomo redento.
Dice così:
"E
noi crediamo che la tavola è la fine di molte fatiche e una vita priva di
dolori e un' esistenza divina nella luce e nella regione dei viventi,
un'esistenza riempita di santa gioia, e che essi ricevono una donazione
abbondante di beni di ogni sorta e beati, trovandovi ogni tipo di piacere; e
essa che fa la loro gioia, li fa sedere e li serve, da eterno riposo e
distribuisce e vera la pienezza di beni" (Ep.IX 5,1113 A).
L'interpretazione simbolica che
Dionigi dà del regno di Dio prende spunto dalla metafora scritturistica della
tavola imbandita dalla sapienza. Il banchetto è figura del paradiso.
Leggendo questo brano ci si accorge che l'influsso filosofico neoplatonico sulla
sua escatologia è nullo. Così si coglie il carattere cristiano del pensiero
dell'Areopagita. In effetti la vita eterna e considerata come beatitudine, come
comunione con ''Gesù Cristo, che da gioia eterna ai salvati". Tale
simbolismo e preso propriamente da una matrice cristiana, e non dai vari culti
misterici pieni di miti per quanto riguardano la salvezza dell'uomo. L'eternità
sarà un rapporto di amore con il figlio di Dio incarnato, che ci farà
partecipi sempre più della sua divinità.
Con
questo, l'intento di Dionigi si è realizzato: il
simbolo ci fa capire il mistero.
II STADIO - La conoscenza intellettuale.
Il simbolo
in certe situazioni è inadeguato; esso espresso nel Corpus dialetticamente come
una "dissimile somiglianza" (CH Il 5,1446). In effetti la conoscenza
simbolica di Dio ha dei limiti; non possiamo attaccarci alle rappresentazioni
sensibili; si può correre il rischio del materialismo e dell'idolatria. Uno dei
compiti essenziali della conoscenza di
risalire dalle raffigurazioni materiali alle realtà intelligibili e sante che
queste rappresentano. La conoscenza intellettuale si pone in questa dimensione.
Il trattato sui Nomi Divini è l'opera che è considerata la più importante tra
quelle dionisiane dal punto di vista speculativo: si interessa di spiegare i
nomi intelligibili di Dio. Questo tipo di conoscenza parte sempre dal sensibile
e dalla realtà rivelata, ma passa attraverso la mediazione del concetto. Invece
la conoscenza simbolica è immaginata da Dionigi come un movimento rettilineo
dell'anima, che va direttamente dalle realtà create ai misteri nascosti (DN I
8,597 A-B).La conoscenza intellettuale è concepita come un movimento elicoidale
dell'anima; essa parte sempre dalle cose create ma, contrariamente al simbolismo
che ci fa percepire un'immagine dell'intelligibile, essa si sforza grazie ad un
processo logico, di comprendere dapprima la realtà attraverso un movimento
ascensionale ed arrivare ai nomi intelligibili di Dio. La
conoscenza intellettuale passa dalla sensazione al concetto poi, attraverso il
suo superamento, arriva alla sua sorgente. Questa conoscenza si acquisisce
attraverso atti complessi e progressivi, cioè con un metodo speculativo,
discorsivo e dialettico. Si nota che nel pensiero dell'Areopagita non vi e'
diretta opposizione tra le prime due conoscenze, ma un perfetto completamento.
Una non può fare a meno dell'altra, esse non si escludono a vicenda. La
conoscenza intellettuale comprende, implica ed esplica la conoscenza simbolica:
sono diversi gradi della stessa conoscenza umana. Dice Dionigi nel prologo dei
Nomi Divini:
"Veniamo
alla spiegazione dei nomi divini intelligibili, e come la legge gerarchica
prescrive a noi per ogni disputa, guardiamo con intelligenza spirituale,
contemplativa del Divino, per usare un linguaggio preciso, le visioni quali Dio
si manifesta e prestiamo orecchie sante alle spiegazioni dei sacri nomi divini,
per trasmettere le cose sante ai santi secondo la divina tradizione". (DN.
I 8,597 B).
Qui viene spiegato cosa l'autore intende per conoscenza intellettuale di Dio,
essa si stacca dalla realtà materiale, per fissarsi nella realtà spirituale
propria di Dio; così arriva alla vera contemplazione della Divinità. Il fine
del secondo stadio della gnosi è la contemplazione. In questo brano ritorna
come un leitmotiv l'idea che sia i nomi divini che la loro spiegazione sono
stati trasmessi dalla divina tradizione, cioè dalla S. Scrittura e dalla
Tradizione apostolica. Nel trattato dei Nomi Divini, Dionigi vuol fare una
sintesi fra l'intelligenza che la S. Scrittura ha degli attributi di Dio e un
razionalismo che viene dall'ambiente neoplatonico. Questo intellettualismo era
espresso in particolare dal commento che questi facevano al "Parmenide"
di Platone, che a quel tempo era considerato il libro di "Teologia"
per eccellenza.
In questo scritto si cerca la soluzione dei problemi tra l'Uno e il molteplice,
basandosi su speculazioni filosofiche e L'Areopagita vuole fondere la verità
che c'è in quella filosofia con le concezioni che la Chiesa ha di Dio. Ad
esempio l'idea che Dio è Trinità, la realtà dell'incarnazione del Figlio, la
dialettica tra l'immanenza e trascendenza di Dio. In effetti il cristianesimo
introduce, rispetto alla filosofia greca una nuova visione di Dio e una nuova
visione dei rapporti tra Dio e il mondo. Nella conoscenza intellettuale di Dio,
l'Areopagita vuole usufruire della tecnica speculativa neoplatonica, per
riempirla di contenuti che vengono dalla Rivelazione.
Il
trattato dei Nomi Divini parla della causalità divina, e come essa può essere
considerata nelle sue forme più generali. Gli altri nomi sono ricavati dalle
realtà particolari, e sono trattati nella Teologia simbolica. I nomi
intellegibili ricavati dalla S. Scrittura debbono essere rettamente intesi.
Anche per la conoscenza intellettuale vero
il principio che, nella spiegazione del nome intelligibile, non si deve
pretendere ai arrivare all'essenza divina, che è per natura inaccessibile ad
ogni intelligenza creata. Nella conoscenza intellettuale, il nome perfettamente
conoscibile che si trova al primo posto è il Bene (ed altri nomi ad esso
collegati: Luce, Bellezza, Amore), in quanto la bontà è la ragione ultima
dell'opera creatrice di Dio (DN IV). Poi vengono subito dopo quei nomi che
indicano le manifestazioni più generali del Bene: l'Essere, la Vita, la
Sapienza o Ragione (DN V - VII). Poi si esaminano i nomi ai Dio che esprimono
l'unificazione dell'universo in Lui: la Pace e l'Uno unificano e riconducono
l'universo all'unità (DN XI - XIII). Accanto ai nomi che indicano l'opera
creatrice di Dio, ci sono nomi che indicano la vita intima (Padre,
Figlio,Spirito), e che non hanno nulla a che fare con la creazione; non bisogna
fare confusioni tra questi due gruppi.
I nomi intelligibili che spiegano i rapporti tra Dio e il mondo sono anche
delle categorie universali; però con i nomi divini non si conosce Dio, che
rimane nascosto nel suo mistero. I nomi riguardano la sfera dell'essere e
dell'intelligenza, mentre Dio è al di là dell'essere e dell'intelligenza, per
cui alla fine nessun nome lo può esprimere in se stesso.
Data l'incapacità della conoscenza intellettuale, bisogna ora passare al terzo
stadio della gnosi dionisiana, che forse ci permetterà di cogliere Dio nel suo
profondo mistero.
III
STADIO La Conoscenza
mistica.
Dionigi
spiega che cos'è la conoscenza mistica in un piccolo trattato: De Mystica
Theologia. Il trattatello, che è stato oggetto di tanti commenti nella storia
della teologia occidentale, descrive l'itinerario verso l'unione con Dio.
Proprio per questo scritto S. Bonaventura definì l'Areopagita il maestro della
mistica . Nel primo capitolo si
parla del significato di questa conoscenza. Dopo una preghiera alla Santissima
Trinità si afferma:
"Conduci
noi direttamente verso il vertice superinconoscibile e splendidissimo delle
Scritture occulte, là dove i misteri semplici e assoluti e immutabili della
teologia sono svelati nella caligine luminosissima del silenzio che insegna
arcanamente (MT I 1,997 A).
Alla
luce di questo brano, parleremo inizialmente della conoscenza mistica in
generale, per poi specificare qual'è la sua vera natura, considerando l'idea di
estasi, di Ignoranza assoluta, di Tenebra divina, per arrivare alla conoscenza
mistica di Dio bisogna staccarsi da ogni rappresentazione sensibile o
intelligibile di Dio (MT I 997B).
Partendo dalla rivelazione che Dio dà nella S. Scrittura, unirsi a Dio
significa entrare nel segreto delle Scritture occulte. Per arrivare a questo, ci
vuole l'aiuto della Trinità, perciò la si invoca nella preghiera. La
conoscenza mistica perciò è sempre un dono che viene dall'alto, e che passa
per la scrittura. Dionigi chiede di riconoscere l'inadeguatezza di tutti i nomi
divini contenuti nella Scrittura, per slanciarsi nell'unione (MT III
1032 D - 1033 B-C). Questa
unione viene descritta sulla linea della salita di Mosè al Sinai e del suo
incontro con Dio nella caligine (MT 3,1001 A). Tale conoscenza mistica non
coglie Dio, non è Dio che Mosè contempla nella sua unione, perché‚ egli
sfugge ad ogni contemplazione intelligibile. Mosè vede il luogo in cui risiede
Dio (MT 1000 D).
Dio
sfugge sia all'oggetto della visione mistica, sia al Veggente stesso (MT I 1001
A), (cfr La mistica di S.Gregorio di Nissa). La conoscenza mistica si situa al
di là della teologia affermativa e negativa di cui sarà la giustificazione il
compimento. L'insegnamento più alto sarà questa conoscenza sperimentale,
vissuta, trascendente da ogni
simbolo e da ogni discorso, che e' posta nel silenzio, e secondo la quale "Dio
e' essenzialmente inconoscibile". La differenza tra la teologia
negativa e la conoscenza mistica è questa: mentre la prima resta un
procedimento discorsivo dell'intelligenza, la seconda si pone al dl là del
discorso ed situata nell'amore:
"Così
ora, penetrando nella caligine che sta sopra l'intelligenza, troveremo non la
brevità delle parole, bensì la mancanza assoluta di parole e pensieri"
(MT III 1033B).
Le negazioni nella conoscenza mistica hanno lo scopo di esprimere il
contatto, l'incontro, l'unione con Dio. Nei vari stadi di conoscenza c'è sempre
la presenza dell'amore con intensità diversa (DN IV 14-15, 713 A - D). Questa
conoscenza mistica e' situata nell'amore di Dio; quest'amore, per sua natura, è
estatico, perché conduce all'unione dell'uomo con Dio (DN IV 13,712 A). La
conoscenza mistica sradica l'intelligenza dalla condizione umana per
divinizzarla.
Concludo
l'intervento del prof. Campanile con un brano tratto dalla Pseudo Dionigi, una
preghiera per conoscere Dio ed essere illuminati da Lui, tratta dal primo
capitolo del "De Mystica theologia":
"Trinità
sovraessenziale oltremodo divina ed oltremodo buona, custode della sapienza dei
Cristiani relativo a Dio, guidaci verso la cima oltremodo sconosciuta, oltremodo
risplendente ed altissima dei mistici oracoli, dove i misteri semplici, assoluti
ed immutabili della teologia vengono svelati nella tenebra luminosissima del
silenzio che inizia all'arcano: là dove c'è più buio, essa fa brillare ciò
che è oltremodo risplendente, e nella sede del tutto intoccabile ed invisibile,
ricolma le intelligenze prive di vista di stupendi splendori. Questa sia la mia
preghiera".
Per maggiori informazioni
sull'attività del Prof. Giacomo Campanile visitate il link
http://web.tiscali.it/gcampanile/
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