nell’immaginario
medievale
di
Francesca Persici
Questa
volta ospito nel sito la prima pagina “ in rosa”. Si tratta infatti
dell’intervento di Francesca Persici, giovane studentessa della LUMSA di Roma,
che tratta un tema molto importante nella spiritualità e nell’arte medievale,
il tema dell’Apocalisse. Esso era molto sentito dagli uomini medievali, che
vedevano la vita presente come un “passagium” verso quella futura e
definitiva. Queste visioni mistiche quindi colpirono l’immaginario dei
medievali, che riportarono questo loro sentimento
nella visione spirituale, in quella sociale,
nell’arte, romanica e gotica. Si tratta di un discorso veramente ampio,
che coinvolge il millenarismo di Gioacchino da Fiore, nonché profeti e santi
medievali, da Santa Ildegarda, fino a Dante Alighieri e Santa Caterina da Siena.
In questa pagina Francesca ci mostra alcuni aspetti generali e ci rimanda a
letture d’approfondimento che ciascuno poi potrà seguire.
Attraverso una serie di studi specifici gli antropologi hanno maturato la teoria secondo cui la consapevolezza che l’uomo ha della morte lo differenzia da tutti gli altri esseri viventi. Fin dall’antichità l’uomo primitivo, quando ancora non si costruiva una casa, usava seppellire i suoi morti, in quanto il rito funebre veniva considerato come una costituzione del vivere sociale, a questo scopo il funzionamento dei riti può essere utilizzato per spiegare il complesso movimento dello sviluppo sociale.
La società contemporanea, diversamente, ha escluso la morte e la paura della vecchiaia, in quanto sono vissute come aspetti negativi, ed implicano una totale alienazione dalla felicità e dall’appagamento che sono, invece, prerogative proprie di una persona giovane.
Nel
medioevo la morte è dunque un rito sociale: la comunità si difende dalla
“minaccia”, ma
non lascia mai da solo il morto, perché il funerale e la sepoltura
sono aspetti fondamentali affinché il defunto possa riposare in pace. Nel V
secolo d.c. si introducono nuovi riti cristiani: essere seppelliti vicini ai
santi martiri, significava avere la garanzia di un intercessore per la propria
anima. Differentemente che per altre religioni, secondo il cristianesimo, i
defunti non erano contaminanti, in quanto non erano morti, ma dormienti. A
questo proposito si instaura un vero e proprio legame tra il vivo e il morto,
che beneficia delle sue preghiere (suffragi): la memoria liturgica consisteva in
una serie di messe che funzionavano come tecnica sociale di obliterazione, per
avere la serena certezza che il defunto stesse bene. Il cimitero insieme alla
chiesa divengono luogo di incontro, di adunanza, dove si rinnovavano i legami.
Nel
medioevo c’erano molte credenze, sia religiose, sia legate a pratiche magiche
e pagane. Questa è un’epoca popolata di visioni e racconti di fantasmi e
spiriti, ossia sono anime che ritornano da al di là e si manifestano ai vivi,
perché il loro rapporto con questo mondo non era stato chiuso e doveva essere
completato il rito di passaggio.
Tra
le credenze religiose ritroviamo le rivelazioni e le visioni: la più famosa è
l’Apocalisse di Giovanni (la
rivelazione della dimensione soprannaturale). E’ un genere questo che troverà
il suo culmine nella Divina Commedia
di Dante Alighieri.
L’opera di Giovanni risale al primo secolo, quando una domenica (giorno del Signore), egli fu tratto “in spirito” sull’isola di Patmos. L’apostolo varcò le porte dei cieli, le quali si aprirono con un forte rumore di cardini, esattamente come accadde prima di lui al profeta Isaia. Il testo dell’Apocalisse è stato scritto da un ebreo, ma a differenza dei Vangeli, Giovanni, legato al mondo asiatico, elabora uno stile diverso. Possiamo dire che il cristianesimo dell'Apocalisse è ancora legato alla realtà ebraica e quindi di fondo anti-greco, infatti i riferimenti all’Antico Testamento sono molto forti, soprattutto nella citazione alla profezia di Ezechiele. L’Apocalisse è un testo liturgico che viene letto nelle assemblee, quindi è indirizzato a tutti gli uomini, come invito a pentirsi dei propri peccati e vivere secondo le leggi di Dio, in quanto il tempo è vicino (il tempo di Dio è diverso dal cronos, è infatti cairos, cioè vicino, incombente). Giovanni, in questo suo messaggio al mondo non richiede una purezza fisica, bensì spirituale.
«In
mezzo ai candelabri c’era una figura che assomigliava a Gesù, che si
definisce il «figlio dell’uomo». Indossava una tunica lunga fino ai piedi e
all’altezza del petto aveva una fascia d’oro. I suoi capelli erano bianchi
come la lana o la neve, e i suoi occhi erano penetranti come lingue di fuoco. I
suoi piedi splendevano come bronzo fuso e la sua voce risuonava come le onde
dell’oceano. Nella mano destra teneva sette stelle e dalla bocca gli usciva
una spada affilata, a doppio taglio. Il suo viso era come il sole quando splende
in tutta la sua potenza.» [Ap. Cap.1 vv 13.16]
Questa
è la prima grande teofania, che apre l’introduzione alle sette chiese con la
visione del risorto.
Il sette è un numero chiave:
·
Corrisponde
alla creazione cosmica (7 giorni), è quindi un numero divino, della
totalità e della completezza.
·
I sette
spiriti che si manifestano sono le manifestazioni proprie dello Spirito
Santo.
·
Sette
sono le teste della bestia. Secondo la Cabala i numeri terreni sono pari
(il 4 definisce la realtà terrena), mentre sono dispari i numeri divini (il 3
identifica le realtà divine). 144 è un numero, multiplo di 12 (le tribù di
Israele), che si riferisce ai santi martiri, che costituiranno l’esercito di
Dio.
·
Il 6
è il numero satanico. Secondo un’antica credenza, l’equivalente alfabetico
del numero verrebbe a costituire il nome di Nerone, immagine riflessa del potere
politico. Chi porta il numero e il nome di Nerone, appartiene alla bestia e chi
quello di Dio, apparterrà a quello a Dio. (Ci sono comunque varie
interpretazioni a tale riguardo).
«Le
nubi», sono intese come manifestazioni angeliche; gli angeli sono il mezzo di
locomozione attraverso cui Dio ci guida e da cui escono le voci. Inizialmente
non era considerata un’eresia dire che Gesù era un angelo, in quanto
manifestazione di Dio, attraverso il quale si rivela, e che a sua volta si
manifesta tramite angeli (gerarchia angelica).E' comunque necessario specificare
che Gesù non viene considerato mai un angelo nel Nuovo Testamento (Eb 2, 5-18),
ma vero uomo, nel quale si rivela Dio in maniera ultima e definitiva. Infatti,
secondo la tradizione dei Padri, il peccato del demonio fu proprio quello dinon
volersi sottomettere ad un uomo, creatura di natura inferiore ad un angelo.Gli
angeli rappresentano l’esercito di Dio, capitanato dall’arcangelo Michele,
il cui nome(Mi-cha-el = Chi come Dio) indica il suo essere: egli è «il
doppione, l’immagine (icona)» di Dio.
Questo tipo di immagine è molto ricorrente nelle chiese medievali, dove le rappresentazioni possono variare per la presenza del santo a cui è intitolata la chiesa. In genere sono poste nella zona absidale, nella conca e realizzate con tecniche varie: affresco, mosaico…
Questo genere di raffigurazioni aveva uno scopo pedagogico e morale nei confronti dei fedeli. Nel medioevo si parlava, a questo proposito di Biblia pauperum, ossia la Bibbia dei poveri, la cui capacità di giudizio è influenzata dalla propria fede. Le immagini dell’Apocalisse sono esposte per indurre il fedele a comportarsi secondo determinati principi, in visione di un’imminente fine del mondo: il testo sacro e letterario non specifica il giorno o l’anno, ma l’idea di un evento prossimo è indotto attraverso l’invito a pentirsi dei propri peccati e a vivere nella grazia di Dio, riproponendo l’idea che il momento in cui il Cristo verrà a giudicare i vivi e i morti è vicino.
Quattro cavalieri - quattro sigilli: il cavallo nell’Antico Testamento è rappresentato come il simbolo della forza dinamica, ma neutro; nell’Apocalisse abbiamo quattro cavalieri: bianco, rosso, nero, verde, che corrispondono all’apertura dei primi quattro sigilli, determinando l’inizio della “Tribolazione”.
Con l’apertura del settimo sigillo, sette angeli suonarono sette trombe, a cui faranno seguito una serie incredibile di sventure (la Grande Tribolazione). Si compie il piano di Dio.
Quando
si affrontano temi come quelli dell’Apocalisse, la predisposizione ad
esprimere delle interpretazioni è molto comune, nei riferimenti con
l’attualità.
Seguendo
un’antica concezione, tipicamente medioevale, la terra era una piattaforma che
si reggeva su delle colonne, al di sotto c’era il mondo sotterraneo: fuoco,
acqua e inferno, dove si trovavano i morti, mentre sopra nella volta celeste
c’è Dio. Questo fazzoletto di terra era bagnato dal mare Mediterraneo e
prevedeva che la Palestina e in modo particolare la città Gerusalemme, fossero
il suo centro. Il tempio di Gerusalemme è stato costruito dai maschi puri della
classe sacerdotale; il “Sancta Sanctorum” era provvisto di due tende con
un’aquila, realizzata da due fanciulle di classe sacerdotale nell’età della
pubertà. Il tempio verrà distrutto dall’esercito romano nel 70 d.c., nella
rivelazione si dice che dopo la caduta della grande città, ci saranno una nuova
terra e nuovo cielo e la nuova Gerusalemme scenderà dal cielo. Ma di
“costruzioni” non si parla solo nell’Apocalisse
di Giovanni, infatti Paolo nella sua rivelazione, molto letta nel medioevo,
parla di una città con quattro porte d’oro, corrispondenti a quattro fiumi:
miele, latte, olio e vino. La città, circondata da dodici mura, possiede anche
dodici troni d’oro con uomini cinti di diademi e pietre preziose; al centro
troviamo un altare dove David canta con il salterio suona la cetra.
In
questa realtà tutto è animato da entità spirituali buone o cattive: ad
esempio i vulcani erano considerati la bocca dell’inferno (molto suggestiva è
l’immagine di Santa Caterina da Siena che chiede a Gesù di essere messa sulla
bocca dell’inferno, affinché il diavolo non si portasse via altre anime),
mentre le montagne sono viste molto vicino a Dio, il Sion è la base del suo
trono. La simbologia di tutto ciò è dovuta al fatto che il fuoco e la
fuliggine dei vulcani sono associati mentalmente alla raffigurazione
dell’inferno, il regno di Satana, mentre la montagna si innalza verso il
cielo, quindi è un luogo privilegiato di incontro con Dio (nel medioevo i
monaci aspiravano proprio a questa vita mistica contemplativa e di ascesi verso
l’alto), come accadde per Mosè.
Ma
c’è anche un elemento della natura che ritroviamo nel racconto della visione,
e che viene ripetuto in molte immagini sacre (San Clemente, Roma, Mosaico
absidale chiesa superiore): l’albero, ossia l’Albero della Vita, che ci
ricorda proprio l’albero del peccato originale nel Giardino dell’Eden.
Nell’Apocalisse
nasce una simbologia che darà seguito a tutta quella medioevale, per quello
che concerne la realtà spirituale e la vita dopo la morte. Un esempio è il
ruolo della donna, dal racconto apocalittico ritroviamo un’immagine femminile,
che rappresenta la Chiesa, investita della benedizione di Dio, che lotta contro
Satana, ossia il drago che attenta alla sua vita e a quella dei suoi figli
spirituali (che secondo i critici sono raffigurati dal figlio che partorirà la
donna).
Nel
medioevo la figura femminile è ristretta in ruoli prettamente stabiliti. Ci
sono diverse categorie di donne, ma solitamente la loro posizione nella società
è stabilita proprio dalla loro nascita: in ogni caso i loro doveri sono
ristretti ad alcuni punti fondamentali come fare buoni matrimoni, allevare figli
(possibilmente maschi), obbedire al padre o al marito.
·
Renzo
Lavatori, Gli angeli, Il Sapere,
Enciclopedia Tascabile Newton, diretta da Roberto Bonchio, Sezione di scienze
umane, 1981.
·
Th. Silverstein ed., Visio Sancti Pauli; the history of the Apocalypse in latin together with
nine Texts, London 1935 (Studies and Documents 4).
·
Piero
Adorno, L’arte italiana; le sue radici
medio-orientali e greco-romane, il suo sviluppo nella cultura europea,
Volume 1° Tomo 1°, Dalla preistoria all’arte paleocristiana, Editrice G.
D’Anna, Messina Firenze 1998.
·
Edmondo
Lupieri (a cura di), L’Apocalisse di
Giovanni. “Scrittori Greci e Latini”, Fondazione Lorenzo Valla –
Mondatori Editore, Milano 1999.
·
Le Goff
(a cura di), L’uomo medioevale, AAVV,Economica
Laterza, 1998.
·
Le Goff, L’immaginario
medievale, Laterza, 1998
·
Le Goff, Il
meraviglioso e il quotidiano nell’occidente medievale, Laterza, 2000.
Breve
curriculum: Francesca Persici
Ho 26 anni, sono nata a Roma il 12/06/1975. Studio
presso la Facoltà di Lettere e Filosofia della L.U.M.S.A. (Libera Università
Maria SS. Assunta), per conseguire la laurea in Storia dell’arte medioevale.
Ho collaborato con l’Associazione Culturale Sestoacuto (www.sestoacuto.it) per la realizzazione nella sezione: “Tesori medioevali della provincia di Roma”, di due saggi su: “Percile: la chiesa di S. Maria della Vittoria” e “Rignano Flaminio: la chiesa dei Ss. Abbondio e Abbondanzio”. Recensione su Caltanet, nella sezione Libronline: Pagine nuove, del testo “Poesie” di Yeats, I libri del navigatore numero VIII.