Lo spirito dell’uomo medievale a Senigallia

 

Dedicato alla memoria di Monsignor Alberto Polverari

 

 

Introduzione

 

     Con questa pagina si apre un nuovo spazio nel sito “Medio & evo”,  dedicato alla presenza e allo sviluppo della spiritualità medievale nella nostra regione Marche. Argomento vastissimo, che meriterebbe un sito dedicato, ma che, trattandosi di pagine web, cioè di scritti indirizzati agli internauti, deve unire criteri di sintesi e precisione storica, cosa non facile, soprattutto quando si va a scrivere la storia locale, a cui noi tutti, esperti e non, siamo molto attenti. Infatti si va a toccare una sfera che riguarda la radice e l’identità di una comunità civile e religiosa, una corda molto sensibile e delicata.  In effetti, mentre per la spiritualità medievale italiana o europea, com’è nel progetto e nella mission di “Medio & evo”, si può parlare per linee guida, quando si tratta, come in questo caso, della storia della nostra amata città, la riduzione in pagine web appare problematica. Da una parte infatti per la storia locale occorrono lunghi anni di studi sui documenti e su fonti non sempre facilmente reperibili o fruibili, di non facile lettura e interpretazione. Dall’altra però internet è il luogo della sintesi, delle indicazioni di massima che pure devono rimandare a studi pubblicati a stampa, per poter avere un minimo di credibilità, e per non suscitare le giuste reazioni da parte della comunità locale e delle istituzioni che essa rappresentano. E’ pur vero che le pagine web sono anche un formidabile mezzo di comunicazione, di notizie e di stimoli cognitivi, perché sono sempre pronte all’uso in ogni momento e in ogni parte del mondo.

    Noi senigalliesi abbiamo una fortuna che non tutte le città come la nostra hanno, cioè una ottima tradizione di storici locali, con numerose opere che vengono pubblicate a stampa e che scandiscono periodicamente studi quanto mai interessanti, per ritrovare le radici sociali, economiche, culturali e religiose del nostro essere senigalliesi oggi, nel volgere del nuovo millennio. In particolare, e non potrebbe essere altrimenti, questa pagina è dedicata alla memoria di colui che, secondo il mio parere, è stato forse il miglior storico di Senigallia per quanto riguarda la ricerca di lungo periodo, capace di scrivere quattro volumi di storia,  ricchi di riferimenti documentali e storiografici. Parlo di Monsignor Alberto Polverari, con cui ho avuto la fortuna di lavorare negli ultimi tempi della sua vita, e che era stato mio professore di religione alle Scuole Medie Marchetti, quando la sede era in piazza Garibaldi. Con lui, in quell’appartamento in via Cavallotti, dove ci vedevamo,  abbiamo esaminato e letto copie di documenti dell’archivio storico di Fonte Avellana, e avevamo iniziato un percorso di lavoro, che ci avrebbe portato a pubblicare assieme. Quindi mi sembra doveroso e rispettoso aprire questa sezione del sito dedicando questa pagina alla sua memoria, come segno di riconoscenza verso questo storico e sacerdote pieno di grande umanità, di cultura, di fede e dotato di una volontà ferrea, così come io l’ho conosciuto.

  Stemma di Senigallia

   (fonte: Wikipedia)

 

     Quando si guarda alla struttura e quindi alla storia della nostra città è facile cadere in un piccolo equivoco storico, passando dallo studio dell’antica colonia romana Sena Gallica di cui sono state scoperte le vestigia sotto il nuovo teatro La Fenice in tempi recenti, direttamente al Rinascimento, con l’avvento di Giovanni della Rovere (1457-1503).  Si tende cioè a saltare a piè pari il millennio che va dalla distruzione della città da parte dei Visigoti di Alarico  (avvenuta nei primi anni del V secolo) alla fine del Medio evo, quando nel 1474 Giovanni della Rovere diventa signore di Senigallia.  Noi invece, seguendo gli studi di Polverari, vogliamo in questa pagina scoprire se anche qui, nella nostra città, l’uomo medievale ha lasciato tracce del suo spirito. Bisogna anche sottolineare che l’avvento di Giovanni della Rovere avviene sì negli ultimi anni del Medio evo, che, secondo i soliti stereotipi, finisce con la scoperta dell’America (1492), ma questa data è un po’ indicativa, non tassativa. Infatti Giovanni della Rovere ha la mentalità già tipica dei signori rinascimentali, che sono capi militari professionisti, capaci però di dare lustro e onore alla città di cui sono signori. Lo spirito dell’uomo medievale, secondo gli studi di Polverari, ha lasciato il segno nella nostra tradizione storico religiosa soprattutto in tre aspetti: gli inizi del cristianesimo a Senigallia, il culto di S. Paolino e il legame con il potere temporale dei papi nel Medio evo.

 

1- Gli inizi del cristianesimo a Senigallia

 

    Le fonti citate da Polverari per inquadrare le origini del cristianesimo nella nostra città vanno da Ridolfi (1596) a Cucchi (1931). Una ricerca non facile, perché più si risale indietro nel tempo, più è difficile trovare documenti. E’ già notevole che lo stesso Polverari sia stato capace di leggere e pubblicare i Regesti Senigalliesi, che sono documenti antichi, riassunti e archiviati prima della distruzione degli originali. Nei Regesti si risale all’ 800, ai tempi di Carlo Magno, della Pentapoli e del duca Sergio, che comandava questi nostri territori.

Alcuni degli storici locali presi in considerazione da Polverari per indicare le origini del cristianesimo a Senigallia si rifanno alla cosiddetta “tesi dell’apostolicità”. Cosa significa questo?      

     Nel Medio evo c’era una moda tra i cronisti di storia locale, avvallata spesso dalle autorità civili e ecclesiastiche: si attribuiva la nascita del cristianesimo nella città alla predicazione di apostoli o discepoli diretti di apostoli. Erano molto spesso leggende o tradizioni popolari, che quasi mai corrispondevano alla verità storica, ma che davano prestigio alla città. E a questa tradizione leggendaria non fa eccezione neanche Senigallia, tant’è che si attribuisce la nascita del cristianesimo alla predicazione di San Sabiniano, uno dei 72 discepoli del Signore, mandata da San Pietro nella nostra città. Lo stesso santo sarebbe stato poi il primo vescovo di Senigallia. 

Se non da prove documentali coeve, per lo meno dal contesto storico geografico si può dedurre che il cristianesimo possa essersi diffuso nei primissimi secoli della nostra era. Questo sia perché la città era posta sulla Flaminia, arteria consolare, sia per i contatti commerciali con l’Oriente europeo, cioè con la parte dell’Europa dove per prima si diffuse la nuova religione. D’altra parte questo fu il destino comune di molte città italiane, data la presenza apostolica di S. Pietro e di S. Paolo a Roma, capitale dell’impero,  che favorì la diffusione del cristianesimo nel territorio italiano fin dal primo secolo. Un altro documento è la Passione di san Feliciano, vescovo di Foligno, che avrebbe predicato il cristianesimo nelle Marche, compresa Senigallia, come un altro accenno si ha nella vita di San Paterniano, vescovo di Fano nel IV secolo. Varie tracce, labili, ma sufficienti a caratterizzare una certa presenza del cristianesimo nella nostra città. Certo si deve pensare a piccoli gruppi, organizzati spesso in maniera quasi clandestina, per sfuggire alle persecuzioni. Ma la data ufficiale in cui il cristianesimo esce allo scoperto e diventa culto ufficialmente riconosciuto nei territori dell’Impero è l’Editto di tolleranza di Costantino e Licinio del 313, e quindi questa è una data certa anche per la nostra città.

 

 

 

 

 

2- Il culto di San Paolino

 Resta la questione del primo vescovo, questione alquanto complessa, in quanto le tradizioni di storia locale non concordano tra loro. Questione che si complica e si intreccia ulteriormente a quella della nascita del culto di S. Paolino, per la quale, in mancanza di documenti certi, c’è discussione tra gli storici locali. Polverari presenta tre ipotesi. La prima attribuisce la prima cattedra vescovile a san Sabiniano, come abbiamo già detto, ma così non si capisce da dove viene il culto di san Paolino. La seconda identifica san Paolino con il santo di Nola. Il quale, passando verso il 370 da Senigallia, vi avrebbe predicato il Vangelo e fondato la prima cattedra vescovile. Una terza ipotesi pone un san  Paolino vescovo locale, patrono della città e della diocesi, di cui si sarebbero persi i documenti e i riferimenti storici e che successivamente sarebbe stato confuso con il famoso santo di Nola che però, secondo Polverari, in quegli anni non era ancora battezzato, cosa che avvenne nel 389. Quindi se è vero che il primo vescovo di cui si hanno notizie certe è Venanzio (siamo nel 502-503) e che si ha notizia di una primitiva cattedra posta nella periferia e dedicata a san Gaudenzio, rimane per Polverari il mistero storico dell’identificazione del nostro santo patrono. Una cattedrale intitolata a san Paolino esisteva nel Medio evo presso l’attuale ubicazione del cinema Rossini, distrutta da Sigismondo Malatesta. Ma il problema dell’origine del culto rimane comunque. Ora, andando avanti nel tempo (siamo nel IX secolo), quando il comitato senigalliese si estendeva grosso modo nello stesso territorio che oggi comprende la diocesi di Senigallia, nella cronotassi dei  vescovi senigalliesi riportata da Polverari compare un “Paolino” che nell’826 è presente ad un concilio romano sotto papa Eugenio II. E le ricerche documentali fatte dallo stesso Polverari nell’archivio vescovile non parlano mai di san Paolino “da Nola” se non dopo il 1271, e quindi, secondo il nostro studioso, il San Paolino venerato e amato da noi tutti sarebbe questo vescovo senigalliese dei tempi del comitato carolingio, le cui reliquie sarebbero state disperse da Sigismondo Malatesta durante la distruzione della cattedrale, e che  sarebbe stato confuso con il più famoso santo di Nola, il cui culto si sarebbe poi prolungato fino ad oggi.  Resta comunque il fatto che il 4 maggio del 1271 il vescovo Filippo, come riportato da Ridolfi, consacra la cattedrale a Santa Maria e San Paolino da Nola, che da quel momento diventa anche ufficialmente il nostro santo patrono. Il testo di Polverari su questo punto è molto complesso, ma comunque non ha l’intenzione di disconoscere la tradizione del patrono di Senigallia, eminentissimo santo del IV secolo, quanto cerca di mettere ordine tra fonti documentali medievali, veramente difficili da leggere e da mettere d’accordo. Se poi qualcuno vuol fare ulteriori ricerche sul web, scoprirebbe che Wikipedia, l’enciclopedia on line, alla pagina di Senigallia, dice che il santo patrono è san Paolino Bigazzini, un monaco silvestrino contemporaneo di san Silvestro Abate da Fabriano, e qui siamo addirittura ai tempi di s. Francesco d’Assisi, ben quattrocento anni dopo il vescovo di cui ci parla Polverari.  Invece il detto popolare per cui i tre santi patroni (san Ciriaco, san Settimio e san Paolino) festeggiati lo stesso giorno ad Ancona, Jesi e Senigallia, sarebbero tre fratelli che dopo una vita disonesta si sarebbero convertiti diventando patroni delle tre città non ha trovato riscontro nelle mie ricerche, né è citata da Polverari. Sembrerebbe quindi più una leggenda popolare che una storia vera.

 

3- Senigallia e il potere temporale dei papi medievali

 

     Il millennio medievale segna per Senigallia vicende alterne, e non potrebbe essere altrimenti, parlando di ben mille anni di storia in un colpo solo. Qui non possiamo certo pretendere di riassumere il tutto in poche righe di una pagina web, a fronte di numerose e serie ricerche fatte e diverse pubblicazioni dedicate alla storia di Senigallia. In linea generale possiamo però dire che Senigallia, come diverse città adriatiche delle Marche e della Romagna segue un destino legato all’evoluzione storica di queste regioni nel Medio evo.

 

 

               Sarcofago di S. Gaudenzio

      (fonte: Sito del Comune di Senigallia)

 

Quindi alla caduta dell’Impero romano d’Occidente (476) segue un periodo di confusione generale e di assenza di potere fino all’invasione degli Ostrogoti. Teodorico, con il permesso tacito dell’imperatore d’Oriente Zenone diventa signore dell’Occidente, fatto senza precedenti per un barbaro. E’ di questo periodo la nascita del culto di San Gaudenzio, le cui spoglie riposano nel sarcofago in stile tardo romano voluto dalla regina Teodolinda e posto nella sacrestia della Cattedrale. A lui è anche dedicata l’omonima abbazia, situata nel suburbio, cioè alla periferia sud ovest della città, nella zona di Borgo Bicchia, e di cui rimangono pochi resti.

     La successiva guerra gotica,  scatenata da Giustiniano e che dura fino al 553, vede coinvolto tutto il territorio italiano ed è fonte di grandi devastazioni. Forse fu dopo la vittoria del generale Narsete, nel quadro del riassetto territoriale del potere bizantino, che i territori della Romagna e delle Marche furono riuniti in gruppi di città che sono conosciute come Decapoli, divise in Pentapoli montana e Pentapoli marittima. In quest’ultimo gruppo rientra Senigallia. Tutti questi territori sono sotto la giurisdizione dell’ esarca di Ravenna. La situazione di pace durerà poco: l’invasione longobarda (576) segnerà infatti la prima grande cesura della storia italiana, e fra gli specialisti viene indicata come il vero inizio del Medio evo per l’Italia. Sono di questi due secoli di dominazione longobarda e di lotta con i Bizantini per il predominio in Italia le origini di molti toponimi longobardi e slavi presenti nel nostro territorio, di cui Polverari dà ampio e documentato resoconto. Sono secoli “bui”, in cui anche il nostro territorio subisce le devastazioni longobarde.

 

     

 San Gervasio di Bulgaria - Località Ponte Rio

        (Fonte: Vivere Senigallia)

 

 

     L’Italia rimarrà divisa tra sfere d’influenza bizantina e sfere d’influenza longobarda per duecento lunghi anni. Teniamo conto che questa prima divisione del territorio italiano verrà seguita da altre divisioni, tant’è che dovremo aspettare il 1861 per avere di nuovo l’Italia unita. Questi secoli turbolenti e complessi, quelli dell’alto Medio evo, vedono il territorio senigalliese, come diversi territori adriatici, sotto la dominazione bizantina, mentre l’interno rientra nel potere longobardo. Non solo, ma i tentativi di Liutprando, Astolfo e Desiderio di impossessarsi di tutta l’Italia, provocheranno l’intervento dei Franchi di Pipino, dopo l’accordo di Quierzy del 754. Questi anni, e quelli successivi in cui interverrà Carlo Magno, sono anni estremamente difficili per l’Italia e per la cristianità occidentale. Nei nostri territori si sfidano ben tre potenze temporali, longobardi, bizantini e Franchi. Sono anni difficili anche dal punto di vista spirituale, in quanto a Bisanzio regnano gli imperatori iconoclasti, che rifiutano il culto delle immagini sacre e intervengono quindi in questioni teologiche. Si può quindi dire che la nascita dello Stato pontificio è il risultato finale di una situazione complessa. Entrano in gioco le mire dell’Imperatore Bizantino sui territori della Pentapoli e dell’Esarcato, quelle dei Longobardi ariani sull’intero territorio italiano, quelle dei Franchi carolingi che mirano a ricostituire l’antico Impero romano d’Occidente, a modello dell’imperatore orientale. La nostra città rientrerà in questo gioco politico grande, in cui la “donazione di  Costantino” altro non è che un mezzo per giustificare il passaggio di territori conquistati da Carlo Magno a Longobardi e Bizantini a favore del Papa Adriano I. Questa donazione è frutto di un accordo politico fatto ai danni degli imperatori bizantini iconoclasti e dei longobardi anti cattolici.  Il territorio della nostra diocesi senigalliese rispecchia a grandi linee quello del comitato carolingio, istituito da Carlo Magno. Ed è in quest’epoca che il nostro territorio prende il nome di “marche” territori di confine con il ducato longobardo di Spoleto, nome che si ritrova al singolare “marca” durante il pontificato di Gregorio VII, quello della celeberrima riforma gregoriana.

 

 

 

 

                                                         

 

 

Piero della Francesca - Sigismondo Pandolfo Malatesta

   (fonte: Wikipedia)

 

   

 Senigallia è anche coinvolta nella complessa vicenda della lotta dell’Imperatore Federico Barbarossa contro i nascenti comuni italiani, che si appoggiano naturalmente al papa. In particolare i comuni  del territorio adriatico(siamo intorno al 1150-1180) si trovano di nuovo in mezzo tra il potere temporale del Papa, un potere imperiale forte come quello del Barbarossa e le pretese di riunire l’antico impero Romano dell’imperatore bizantino Manuele Comneno. I nostri territori, al confine tra Occidente e Oriente europeo, tra cultura latina e germanica, tra civiltà adriatica e potere imperiale, si trovano di nuovo tra due fuochi. La lotta tra guelfi e ghibellini giungerà al culmine con Federico II e con Manfredi. In questa lotta Senigallia avrà la peggio, con la distruzione ghibellina del 1264. Saranno quasi cento anni di decadenza, corrispondenti  quasi agli anni dell’esilio dei papi ad Avignone. La ripresa della città avverrà solo dopo la metà del Trecento, con gli interventi del Cardinale Albornoz e l’avvento della vicaria dei Malatesti, sempre sotto il potere temporale dei papi. Il testo di Polverari è veramente ricco di fatti e avvenimenti anche per questo periodo pre roveresco, quando Senigallia viene ricostruita da Sigismondo Pandolfo Malatesta, e ci mostra una città in ripresa economica, politica e spirituale, con il susseguirsi ininterrotto dei vescovi sulla cattedra della diocesi senigalliese.  Città in ripresa, che sarà ulteriormente rafforzata e completata, dopo la caduta di Sigismondo Pandolfo (1463) dall’arrivo di Giovanni della Rovere. Ma questa è un’altra storia.

 

Claudio Attardi

 

 

 

Bibliografia

       Senigallia nella storia, in quattro volumi, scritta da Mons Alberto Polverari,  edita dall’ Editrice 2G di cui il volume II  (1981) è punto di riferimento per questa pagina, non è la sola storia scritta per la nostra città. C’è il bel volume della prof.ssa Bonvini Mazzanti, testo più accessibile anche dai non specialisti, essendo in un solo volume illustrato. Ci sono anche studi di Mons. Angelo Mencucci, dedicati soprattutto alla storia religiosa della nostra città. Tra gli storici senigalliesi bisogna almeno menzionare il prof. Anselmi, che per anni ha insegnato e scritto libri di storia. Ci sono poi una serie di notizie e di siti che però non sempre riportano notizie esatte (come la sopra citata Wikipedia). Abbiamo poi siti ufficiali come quello del Comune di Senigallia e della Diocesi, che riportano brevi cenni storici sia dal punto di vista civile che religioso. Altri portali che riportano notizie storiche sono quelli regionali come Marche on line o Marche Expo. C’è poi la Biblioteca Comunale di Senigallia, con annessa Mediateca, dove si possono reperire libri sulla storia locale, e dove è anche depositato il Fondo Polverari, frutto delle ricerche e della passione del grande storico di Senigallia.

 

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